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Su la testa

11 Mag

Salvare il salvabile. Il Partito Liberale cerca di correre ai ripari a poco più di due anni dalle elezioni politiche della primavera 2013. Che il terzo partito tedesco sia in crisi non lo testimoniano solo i risultati elettorali. Litigi interni, subalternità alla Cdu e incapacità di far valere le proprie posizioni hanno portato la Fdp a ottenere indici di consenso mai così bassi da quasi 10 anni, quando la leadership era stata affidata all’allora giovane Guido Westerwelle. Una guida che aveva portato il partito a crescere sempre e a diventare non più tardi di due anni fa l’ago della bilancia per la formazione del secondo governo Merkel.

Ora però lo status quo è cambiato, il declino è stato netto e nel partito il malcontento si è riversato contro i quadri dirigenti. Il primo a pagare è stato lo stesso Westerwelle, dimessosi un mese e mezzo fa. A sostituirlo è stato chiamato Philip Roessler, il tedesco dagli occhi a mandorla. E’ proprio questo bendeucato figlio di orfani vietnamiti a essere la speranza dei liberali. Ministro della Salute per due anni, proprio ieri è stato nominato ministro dell’Economia in sostituzione di un altro liberale Rainer Bruderle, diventato capo del gruppo parlamentare della Fdp.

Roessler è un leader giovane, accattivante che in parte è l’incarnazione di una certa Germania multikulti che tutti osannano. E soprattutto è una personalità trasparente che potrebbe portare un po’ di aria fresca dopo i quasi dieci anni con Westerwelle al timone.

La sua più grande sfida non è tanto la riconquista del suo bacino elettorale ma il recupero di un’identita di partito che in questi due anni sembra essersi persa, schiacchiata dalla forza dell’alleato di maggioranza. Per non fare la fine di Westerwelle e per non finire nel 2013 all’opposizione i liberali dovranno tornare a essere molto di più che una stampella per Frau Angela.

Per farlo c’è tempo ma non troppo. Le elezioni si avvicinano.