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Elezioni federali, trionfo di Angela Merkel

23 Set

Angela_MerkelLa vittoria non era mai stata in discussione in tutta la campagna elettorale. Ma Angela Merkel, le elezioni federali, non le ha vinte. Le ha stravinte. Il suo partito, i cristiano democratici della CDU (e i suoi alleati della CSU) hanno conquistato il 41,5% dei consensi, miglior risultato dai tempi della riunificazione e lei, Mutti der Nation, mamma della nazione, ha ottenuto dai tedeschi un plebiscito sul suo governo. Hanno avuto successo la sua fermezza, i suoi modi tranquilli e soprattutto la stabilità economica della Bundesrepublik durante la crisi. Un trionfo personale e politico che paradossalmente non consentirà ai cristiano-democratici di governare insieme ai loro compagni “storici”, i liberali, che per la prima volta nella storia della Repubblica federale sono finiti sotto la soglia di sbarramento del 5% non arrivando a conquistare seggi in Parlamento.

Un partito, la Fdp, roso dalle tensioni interne e schiacciato tra chi nel suo zoccolo duro ha votato CDU e chi ha optato per Alternative fuer Deutschland, il partito euroscettico che ha sfiorato il 5% (4,8% il risultato) pur rimanendo fuori dal Bundestag. E ora? Angela, con i suoi modi tranquilli (chi non lo sarebbe con un consenso del genere…) ha assicurato “Troveremo una soluzione”. Numeri alla mano la via d’uscita più ovvia sarebbe una Grosse Koalition con i socialdemocratici della Spd (arrivati al 25,7%), un binomio quello nero-rosso che però vede un’opposizione forte, proprio nel partito di centro-sinistra guidato dal candidato leader sconfitto Steinbrueck (fino a quando i vertici non lo cacceranno). Possibile, anche se non presa in considerazione per ora, l’ipotesi di un’alleanza CDU-Verdi arrivati all’8,3% in questa tornata elettorale. Composizioni a parte, l’unica certezza rimane Angela Merkel. Al terzo mandato consecutivo, uno in meno dal suo maestro Helmut Kohl.

Elezioni federali, i liberali lottano per la sopravvivenza

16 Set
Philipp_Roesler_Elezioni_Baviera

Philipp Roesler, presidente della Fdp

Ormai manca poco alle elezioni federali. Sei giorni che non dovrebbero cambiare il nome del vincitore (la CDU di Angela Merkel è avanti con circa 15 punti di vantaggio) ma che potrebbero essere decisivi per uno dei partiti storici del Parlamento tedesco, la FDP. I liberali guidati dal ministro dell’Economia Philip Roesler sono in caduta libera nei sondaggi e rischiano per la prima volta nella storia della Bundesrepublik di rimanere fuori dal Bundestag.

Una perdita costante di voti che ha avuto l’ultimo atto in Baviera nelle elezioni regionali di domenica, stravinte con la maggioranza assoluta dai cristiano-sociali di Horst Seehofer. Nel Land della Germania meridionale la FDP ha raccolto il 3.3% più di un punto e mezzo al di sotto della soglia di sbarramento e i sondaggi a livello federale la danno pericolosamente oscillante intorno al 5%.

Una situazione di emergenza, legata alle divisioni interni del partito, alle posizioni sullo stato sociale ma soprattutto all’erosione da parte della CDU della base dei consensi dei liberali. Un pericolo che i vertici della Fdp vogliono scongiurare anche facendo appello agli elettori del partito che li ha “schiacciati” in questi quattro anni, proprio i cristiano-democratici di Angela Merkel. A cui Patrick Doering, segretario generale dei liberali, hanno chiesto lo Zweitstimme, il secondo voto, quello che nel sistema elettorale tedesco è assegnato al partito (il primo va ai candidati della circoscrizione dell’elettore).

Una richiesta di aiuto a cui i primi a rispondere picche sono stati proprio i dirigenti della Cdu. “Abbiamo bisogno di entrambi i voti” hanno fatto sapere dai vertici dei cristiano sociali. Chi intanto gongola è la SPD. I socialdemocratici, sicuri secondo partito del paese, sperano in una debacle dei liberali. Se non dovessero entrare in Parlamento Angela Merkel sarebbe obbligata a cercare una “stampella” da Sigmar Gabriel e soci o addirittura potrebbe essere la SPD a provare a formare una coalizione con i verdi, anche se quest’ultima soluzione oltre che clamorosa rimane molto remota.

Ultima spiaggia

14 Gen

Philipp_RoeslerLa settimana più lunga. E’ quella che si appresta a vivere Philipp Roesler, leader dei liberali della Fdp, ministro dell’Economia e vicecancelliere federale. Sette giorni che separano il politico, nato in Vietnam ma adottato da una famiglia tedesca, dalle elezioni regionali nella Bassa Sassonia, il Land di cui è originario e in cui ha svolto le sue prime esperienza da amministratore. Per il 40enne Roesler le consultazioni in casa hanno più o meno il sapore di un “vincere o morire (politicamente)”.

Da mesi il leader dei liberali è sulla graticola dei suoi compagni di partito e molti scommettono che una sconfitta in Bassa Sassonia significherebbe un allontanamento di Roesler dalla guida del partito. Ma il ministro federale non si è ancora arreso e continua la sua campagna elettorale, con un aiuto insperato. Quello di David McAllister, Ministerprasident (governatore) della Bassa Sassonia uscente ed esponente della Cdu, il partito che nel 2008 alle elezioni regionali ottenne la maggioranza relativa (69 su 152).

McAllister, il primo presidente di una regione a possedere la doppia cittadinanza (britannica e tedesca) si è presentato a un comizio dei liberali e ha parlato dell’alleanza con i “gialli” (il colore in Germania associato alla Fdp) come di “una storia di successo” e ha auspicato di continuare la collaborazione. I cristiano democratici sanno che un buon risultato per la FDP è un moderato successo anche per loro e che l’appoggio dei liberali è quasi essenziale per formare il governo regionale.

In Bassa Sassonia i sondaggi indicano il partito di Roesler in leggera salita, ma potrebbe non bastare confermarsi in Niedersachsen. Qualcuno vorrebbe che Roesler si dimettesse anche se vincesse, qualcun altro capisce quanto sarebbe difficile cacciare il leader dopo un discreto risultato nella sua regione. In ogni caso se non sarà il 21 gennaio il giorno delle dimissioni. l’abbandono di Roesler potrebbe essere solo rimandato. Magari a dopo le elezioni con il partito che rischia un tracollo mai conosciuto nella sua storia (il sondaggio settimanalmente da Sterm in collaborazione con l’istituto di ricerca Forsa lo da intorno al 2% su base nazionale).

Circoncisione, il sì del Bundestag

20 Lug

Pinchas Goldschmidt, rabbino capo di Mosca e presidente della Conferenza dei Rabbini Europei ha dichiarato che la sentenza di Colonia è come “l’Olocausto”

Un voto simbolico a larghissima maggioranza. Si è risolta così, almeno per il momento la querelle sulla circoncisione che stava tenendo banco in Germania. Il Bundestag ha infatti votato nel pomeriggio del 19 luglio una risoluzione che dichiara non punibili a norma di legge la circoncisione per motivi religiosi, rimandando però all’autunno una legge che definisca meglio la questione.

Un dibattito, quello che ha coinvolto i politici e le comunità ebraiche e musulmane, che è partito da una sentenza del tribunale di Colonia. Il giudice della città del Nordrhein-Westfalen aveva configurato la circoncisione di un giovane musulmano come lesioni, dopo che il ragazzo era stato ricoverato per complicazioni legate all’operazione. Una discussione che ha visto per una volta i due partiti di governo (Cdu/Csu e Fdp) e il principale partito d’opposizione presentare un documento congiunto. “La vita religiosa della comunità ebraica e musulmana deve essere ancora garantita in Germania- si legge”. “La circoncisione – prosegue – ha un grande significato simbolico per gli ebrei e musulmani, tuttavia bisogna che l’intervento sia eseguito da specialisti e senza infliggere dolori non necessari”.

Le voci contrarie arrivano soprattutto da sinistra. A parte alcuni “franchi tiratori” nella Spd gli avversari più decisi sono stati infatti la Linke e i Verdi. I post-comunisti chiedono che la circoncisione sia possibile solo dopo i 14 anni con l’interessato che può scegliere di sottoporsi all’intervento. Per ora la questione è chiusa, con grande sollievo anche del governo, ma per saperne di più bisognerà aspettare qualche mese.

Buchi e voragini

22 Apr

Otto Fricke è il nuovo tesoriere della Fdp

Meglio nuove elezioni che altri debiti”. Così recita uno degli slogan della campagna elettorale del partito liberale Fdp in Nordrhein-Westfalen. Ma proprio i debiti rischiano di aggravare la situazione dei partner di governo di Angela Merkel, a un anno dalle elezioni generali e nel pieno del rinnovo delle amministrazioni locali.

Secondo i dati resi noti dal tesoriere Patrick Doring, durante il congresso di Karlsruhe, la compagine di Philipp Roessler e Gudo Westerwelle avrebbe un buco di bilancio di 8,5 milioni di euro. Un disavanzo che per i vertici della Fdp sarebbe dovuto alle spese per le ultime elezioni, in particolari quelle regionali che sono costate alle casse dei liberali 600mila euro in più di quanto previsto.

Ora la soluzione per evitare il tracollo in un sistema di finanziamento pubblico che deve distribuire 150,8 milioni di euro l’anno tra tutte le forze politiche, in base ai consensi e agli euro spesi per l’attività politica, si chiama Otto Fricke, votato a maggioranza bulgara nuovo tesoriere del Partito liberale. Ha avuto il mandato in quattro anno di azzerare i debiti, nonostante tra un anno e poco più ci siano le elezioni legislative.

In questo periodo la Fdp federale chiederà appoggio finanziario alle sezioni regionali, provinciali e locali del partito pagando loro un interesse del 3%. L’obbiettivo di parità di bilancio sembra essere realistico, almeno per chi ha elaborato il piano di finanziamento.

Che prevede di non spendere più di 2 milioni di euro l’anno senza elezioni. E speriamo per i liberali che Fricke mantenga la promessa fatta dopo la sua nomina. “Qualche volta dovrò dire no”. Belsito, Lusi kennen Sie?

Questione di soldi

3 Mar

La vita ricomincia a 52 anni. Almeno per Christian Wullff. Cosa farà l’ex presidente dimissionario non si sa ancora, ma i tedeschi si domandano con quali soldi. Mercoledì scorso l’esponente della Cdu, dimessosi il 17 febbraio, ha annunciato che ha deciso di usufruire dell’indennità di 199mila all’anno che gli spettano come Bundespräsident. Un vitalizio che la legge prevede sia concesso solo in caso di dimissioni “per ragioni politiche o per motivi di salute” e la cui assegnazione è un puro atto amministrativo che non può essere messo in discussione. Una decisione quella di Wullff e un meccanismo di conferimento che hanno scatenato una serie di polemiche. Le contestazioni, che vengono da tutte le parti politiche riguardano principalmente due punti: 1) l’ammontare dell’indennità, considerata da molti sproporzionata 2) il diritto di Wulff di percepire i 199mila euro al mese,  visto che non ha completato neppure la metà di un mandato e le ragioni delle dimissioni non sarebbero né politiche né di natura sanitaria. E le soluzioni? Sul caso specifico la richiesta più comune è la rinuncia di Wullff ai privilegi (oltre ai soldi gli ex presidenti hanno diritto a un ufficio, a un assistente e a un’auto i servizio), mentre qualcuno, come la Fdp, chiede che Wulff riceva il 50% dell’indennità fino al 67 anno di età quando scatterebbe la pensione come per gli altri lavoratori. Sul piano generale i rappresentanti dei partiti si sono detti pronti a rivedere la legge sui vitalizi ai politici. Nuove regole per evitare un nuovo caso Wulff. E fare sì che quello che si chiama Ehrengeld sia veramente un onorario.

Afghanistan anno zero

19 Nov

La Germania sarà in Afghanistan. Anche dopo il 2014. A poco più di due settimane dal vertice sul futuro del paese asiatico, che si terrà a Bonn e che coinvolgerà 100 delegazioni, il ministro degli Esteri Guido Westerwelle ha dissipato i dubbi sull’impegno tedesco negli anni successivi al 2014, quando le truppe del contingente Isaf dovrebbe ritirarsi. Ora la Germania ha sul territorio afghano 5mila soldati che verranno ridotti a partire dalle prossime settimane, arrivando nel marzo 2012 a 4400. Niente soldati ma un impegno che il ministro liberale ha così riassunto “Non dimenticheremo i nostri amici dopo il 2014”. Non si capisce perfettamente cosa Westerwelle voglia intendere. Ma non si dovrà aspettare molto per saperlo. Il 4 dicembre ci si ritroverà a Bonn, l’ex capitale della Germania Ovest per decidere all’interno della comunità internazionale come gestire il dopo 2014 del paese asiatico. E speriamo che vada meglio della precedente conferenza di Bonn. Quella che nel 2001 aveva fatto nascere il nuovo Afghanistan, quello del presidente Hamid Karzai. Ma anche degli attentati, della corruzione e della guerriglia.

Sono Helmut, risolvo problemi

11 Set

(Foto dp- die Welt)

L’ultima settimana in Germania non è stata proprio tranquilla. Non c’era nessuna finanziaria da approvare, ma il governo di Angela Merkel è sempre sulla graticola per il salvataggio dei paesi Ue in difficoltà, una situazione aggravata dalle dimissioni del rappresentante tedesco alla Bce Jurgen Stark e davanti alle quali la maggioranza non è proprio sembrata un mostro di decisioni.

Ma chi vorrebbero i tedeschi al timone della Bundesrepublik per uscire dalla crisi dell’euro ? Glielo ha chiesto il quotidiano conservatore Die Welt. E la risposta è stata sorprendente. Il “cancelliere dei sogni” sarebbe un uomo di quasi 93 anni, su una sedia a rotelle e una sigaretta eterna sulla bocca. A guidare al meglio la Bundesrepublik per il 27% dei tedeschi sarebbe infatti Helmut Schmidt, già cancelliere tra il 1974 e il 1982. Un esponente socialdemocratico che ha retto il paese nel post Willy Brandt e che con la sua vena polemica e il suo pedigree moralmente immacolato ha rafforzato il ruolo della Germania in Europa. Dietro di lui ma distaccati di otto punti nella classifica dei Wunschkanzler ci sono poi la stessa Merkel e Peer Steinbruck, probabile candidato cancelliere della Spd per le prossime elezioni. Scorrendo un po’ la lista dei desideri, troviamo anche altri due vecchie volpi della politica tedesca, il “giovane” Helmut Kohl e l’ex leader dei Verdi Joschka Fischer.

Dai dati emerge poi un altro fenomeno significativo. Gli elettori della Fdp (i liberali) non amano Angela Merkel. Un segreto di Pulcinella che si riflette sulle percentuali di sostegno degli intervistati ai vari candidati. Per esempio il 39% degli intervistati che votano liberale vorrebbero il socialdemocratico Steinbruck come cancelliere, contro il 16% che si è pronunciato a favore della Merkel. Non so se è un segno attendibile, ma se fossi nella Merkel io mi guarderei le spalle.

 

Su la testa

11 Mag

Salvare il salvabile. Il Partito Liberale cerca di correre ai ripari a poco più di due anni dalle elezioni politiche della primavera 2013. Che il terzo partito tedesco sia in crisi non lo testimoniano solo i risultati elettorali. Litigi interni, subalternità alla Cdu e incapacità di far valere le proprie posizioni hanno portato la Fdp a ottenere indici di consenso mai così bassi da quasi 10 anni, quando la leadership era stata affidata all’allora giovane Guido Westerwelle. Una guida che aveva portato il partito a crescere sempre e a diventare non più tardi di due anni fa l’ago della bilancia per la formazione del secondo governo Merkel.

Ora però lo status quo è cambiato, il declino è stato netto e nel partito il malcontento si è riversato contro i quadri dirigenti. Il primo a pagare è stato lo stesso Westerwelle, dimessosi un mese e mezzo fa. A sostituirlo è stato chiamato Philip Roessler, il tedesco dagli occhi a mandorla. E’ proprio questo bendeucato figlio di orfani vietnamiti a essere la speranza dei liberali. Ministro della Salute per due anni, proprio ieri è stato nominato ministro dell’Economia in sostituzione di un altro liberale Rainer Bruderle, diventato capo del gruppo parlamentare della Fdp.

Roessler è un leader giovane, accattivante che in parte è l’incarnazione di una certa Germania multikulti che tutti osannano. E soprattutto è una personalità trasparente che potrebbe portare un po’ di aria fresca dopo i quasi dieci anni con Westerwelle al timone.

La sua più grande sfida non è tanto la riconquista del suo bacino elettorale ma il recupero di un’identita di partito che in questi due anni sembra essersi persa, schiacchiata dalla forza dell’alleato di maggioranza. Per non fare la fine di Westerwelle e per non finire nel 2013 all’opposizione i liberali dovranno tornare a essere molto di più che una stampella per Frau Angela.

Per farlo c’è tempo ma non troppo. Le elezioni si avvicinano.

La vità è fatta a scale

18 Dic

Angela Merkel e Guido Westerwelle cancelliere e vicecancelliere tedescoC’è chi scende e c’è chi sale. Mentre il giovane ministro della Difesa Karl Theodor zu Guttemberg è diventato il politico più amato dei tedeschi, Guido Westerwelle, ministro degli Esteri e vicecancelliere, non sta vivendo un momento facile. Per nulla.

Un anno fa, era lui a essere il personaggio nuovo. Gay dichiarato, linguaggio giovane e diretto, aveva portato il partito liberale al 14,6% dei consensi e l’aveva fatto entrare dopo 13 anni di opposizione al governo. Il tutto promettendo meno tasse per tutti, un welfare più snello e la liberalizzazione delle leggi tedesche sul lavoro. Winston Churchill ripeteva sempre che l’idea giusta per governare bene e non deludere nessuno fosse promettere sempre meno di quello che si può mantenere. E aveva ragione. A inguaiare Westerwelle è infatti proprio la politica economica del governo di cui è ministro e seconda carica. I vertici della Fdp lo accusano di non aver lavorato abbastanza per difendere le idee e gli interessi dei liberali. E vogliono la sua testa. Ad aggravare la posizione del ministro i dati sui consensi della Fdp, infatti, se si votasse ora, il partito di coalizione al governo stenterebbe a superare la soglia di sbarramento del 5% con un calo di quasi dieci punti. Sarà colpa di Westerwelle? Non si sa ma intanto qualcuno prepara l’assalto alla diligenza e alla dirigenza. Un assalto che ha già una prima data, 6 gennaio. Incontro a Stoccarda per i vertici della Fdp.