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L’Anello del Nibelungo

15 Giu

Nowitzki è il primo europeo e il secondo nordamericano ad essere nominato Mvp della stagione

A Dallas per vincere l’Anello serviva il Nibelungo. Dopo 31 anni di vita e una finale persa i Dallas Mavericks hanno conquistato il primo titolo Nba della loro storia battendo in finale i Miami Heat per 4 a 2.

A guidare la compagine texana un ragazzone di 212 cm, da Wurzburg, Bassa Franconia, tra baviera e bade. Si chiama Dirk Nowitzki, anche se tutti al di là e al di qua del Reno lo chiamano Wunderdirk, il meraviglioso Dirk (O il miracoloso Dirk  visto che Wunder vuol dire anche miracolo). Cresciuto nella squadra della sua città natale, Nowitzki deve molto, oltre che al suo talento, a Holger Geschwinder, ex nazionale tedesco e allenatore delle giovanili del Wurzburg. Il tecnico, vedendo le doti del giò altissimo ragazzo, ne affina i lati deboli non trascurando neppure il lato caratteriale.

Il non ancora Wunderdirk esordisce in Bundesliga nel 1998 ma un anno dopo è già tra gli eleggibili per la Nba. Nowitzki è scelto dai Milwaukee Bucks che lo girano a Dallas.

E’ l’inizio di un grande feeling con la città e con la squadra. Un feeling non nuovo quello tra lo stato con capitale Austin e la Germania, visto che il Texas è stata la meta preferita di molti emigranti tedeschi nei secoli passati, un’emigrazione che ha lasciato tracce nella storia americana (l’ammiraglio Chester Nimitz veniva da Fredericksburg, Tx) e in quella tedesca (in texas si parla un dialetto tedesco detto appunto Texasdeutsch).

Nowitzki e i Mavs crescono insieme, si piacciono e si innamorano e come tutti gli innamorati condividono gioie e dolori. Come la finale persa proprio contro i Miami Heat nel 2006 o le varie eliminazioni ai playoff o la conquista da parte di Wunderdirk del titolo di miglior giocatore dell’anno nel 2007.

Un amore il cui culmine è stata la stagione appena conclusa. Iniziata benissimo e finita ancor meglio. Grazie a una squadra e a un gruppo compatto, esaltato dai media come “la classe operaia che va in paradiso” in confronto agli spocchiosi milionari dei Miami Heat mai così forte. Grazie a un leader come Nowitzki che si è assunto le responsabilità di vittorie e sconfitte e non ha mai avuto paura di caricarsi la squadra sulle spalle nei momenti difficile. Il tutto con un low profilo in linea con il personaggio. Duro ma corretto, taciturno ma capace di arrabbiarsi, come è successo proprio in finale, perché accusato di aver finto la febbre per ingannare gli avversari.

La stagione di Dallas è finita in un bagno di champagne e birre, quello di Wunderdirk ha ancora una tappa. Sulle rive del mar Baltico. Campionati europei di basket. Dove i tedeschi sono tra l’altro nel girone dell’Italia. Dirk non mancherà e se sarà quello di Dallas saranno dolori.

P.s scusate il ritardo del post, ma un po’ di influenza e il consueto “male oscuro” come lo chiamava Giuseppe Berto mi hanno bloccato